Honoré de Balzac, nel 1838, scriveva: “È il successo che fa il grande uomo”. Ma oggi il “successo”, il “realizzarsi”, significa solo avere un bel lavoro e guadagnare tanti soldi? Davvero si riduce tutto solo a questo?
La società ci impone degli stereotipi surreali dove l’uomo di successo è colui che vediamo a capo di grandi imprese oppure è semplicemente il conduttore del momento, l’attore affermato, la cantante famosa o la show girl piú paparazzata.
Per quest’ultima, si dice che: Chi ha piú scheletri dentro l’armadio, deve assolutamente tirarli fuori per rimanere sulla cresta dell’onda.
Il successo, in questo caso, viene inteso come una banalizzazione della propria privacy.
Basta vedere tutte quelle “it-girl” dal pancione in mostra, dove si stenta a capire chi è il padre e se riconoscerà il bambino.
Forse saró troppo “brontolona”, ma non mi ritrovo nelle aspettative della societá che, inevitabilmente, si stanno insinuando nelle menti delle nuove generazioni, influenzandoli.
Una cosa che mi piace fare è dedicarmi all’ascolto.
Quando cammino, quando prendo i mezzi pubblici.
Una volta, ero sull’autobus e due ragazze parlavano tra di loro.
Sembravano una l’antitesi dell’altra.
La prima, totalmente viziata da chissá quale padre di “successo”, la seconda, molto umile e pacata.
Mi ha colpito molto quando la prima le chiese che lavoro facesse il padre e la seconda cercasse di trovare tutti i termini piú ricercati per cercare di abbellire la mansione che svolgeva il padre.
“Mio padre salva la vita alle persone…”
“Ah, è un medico percaso?”
“No”
“Ma almeno ha una divisa?”
“Si, fa il poliziotto..”
“Ah, pensavo qualcosa di piú… Tipo un primario..”
Sono rimasta stupita da quelle parole.
Cosi piccole e giá pensano di sapere cosa sia realmente “di successo”.
Bisogna imparare a capire che l’uomo di successo puó essere anche lo spazzino che tiene la nostra zona pulita, proprio perchè magari si sente realizzato.
Dobbiamo imparare a capire che il successo non và di pari passo con i soldi, ma con la realizzazione personale.
Le persone che per noi sono “di successo” o “da stimare”, non sempre devono appartenere al mondo dello spettacolo o al grande universo delle “super-impese”.
Non sempre devono indossare una divisa e dirigere un reparto ospedaliero e non solo.
Potrebbero essere i nostri genitori che ci hanno cresciuto o quell’insegnante che, mentre spiega ai suoi alunni, ha gli occhi colmi di emozione come se fosse la prima volta.
Perchè arrivare a formulare un pensiero del genere?
Perchè oggi preferiamo pensare di “essere importanti”.
Vogliamo ambire ad un bel posto di lavoro, dove possiamo essere serviti e riveriti, mentre guadagniamo molto.
L’idea di fare un lavoro modesto (ma importante!) proprio perchè noi lo riteniamo tale è sparita.
Basta pensare ad un pompiere che non finisce in prima serata dentro qualche talk show, ma quando c’è da spegnere un incendio, per me è lui la persona da stimare realmente.
Come tutte quelle persone che vanno ad aiutare il prossimo, senza minimamente pensare ad un vantaggio personale.
L’insegnamento che mi porto dentro è semplice quanto banale e inflazionato: essere se stessi.
Senza sovrastrutture, senza maschere, senza interpretare la parte di un altro che non siete voi. Questa vita è già difficile metterla in scena così, se vi affannate a cercare di essere ciò che non siete, fate il doppio della fatica!
Miriam